Aprile.
25. Il vento soffia, ce lo sta dicendo in tutti i modi cosa c’è da ricordare.
Memoria. Per chi ha vissuto e per chi ha ascoltato. Per chi ha lottato e per
chi è nato da poco e può solo immaginare, forse studiare. Memoria anche per chi
non lo capirà mai. Il vento soffia dall’alba, dalla prima telefonata del
mattino: “Buona festa della liberazione a papà”. Mio nonno Uccio mi ha detto
tutto e più di una volta di quel viaggio stremante dalla Jugoslavia alla Puglia
con scarponi scomodi, ma cuore pulsante. E poi il naufragio del nonno Mino,
giorni in acqua attaccato ad una boa di speranza, con la consapevolezza che pur
amando follemente il mare, pur andandoci tutti i giorni non si sarebbe più
reimmerso. Il valore più bello, che mi fa scendere una lacrima riesumando un
sincero sorriso, è l’attesa delle nonne, saper stare lì, giorno dopo giorno,
uno sguardo alla porta di casa per veder varcare nuovamente quell’uscio dalle
gambe di uomini che sono stati presenti durante tutto il cammino.
E il
vento soffia ancora, ancora più forte degli anni precedenti, ci sarà pure un
motivo? Non c’è il sole, è tutto sbiadito, pure il rosso del papavero che si
scorge dalla mia finestra. E non c’è più nessun eskimo pronto a coprire il
nostro collo, le nostre spalle, i nostri busti. Ci siamo spogliati e non è
bello. Oggi questa lotta, questa parola totalmente pulita e preziosa
“Liberazione” è il vestito che dobbiamo indossare, e ha i colori della nonviolenza, cuciture senza armi di
nessun tipo, tessuti che possano rimettere al centro la dignità di ogni essere
umano.
Ogni volta che ti leggo mi vengono i brividi. Grazie per le parole che sai donare, grazie per i concetti e per la tua coerenza. Flo sei unica al mondo. Ale
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