lunedì 16 maggio 2016

"Voltarelli canta Prefazio" alla Libreria Grande


Quando due forti personalità s’incontrano si crea una tempesta emotiva che può generare una guerra oppure una sinergia così coinvolgente da diventare esempio di perfezione, motivo di memoria, antidoto che sconfigge luoghi e tempi. Peppe Voltarelli ha incontrato Otello Ermanno Profazio mentre contemplava la terra natale e “i tratti irregolari di una montagna, un fiume enorme con poca acqua, una strada senza luci, dei cani randagi stesi al sole, un silenzio…” e il cantastorie calabrese folk nato a Rende il 26 dicembre del 1953 è arrivato come “una parola che si attacca ai muri delle case, come fosse cemento, una lettera scavata, scolpita, una buca, un cielo, il riassunto!”. Peppe Voltarelli è così che racconta come nascono libro e cd “Voltarelli canta Profazio” (Squilibri Editore) che martedì 17 maggio alle 17.30 presenterà  a Perugia alla Libreria Grande di Ponte San Giovanni.
Conoscere Peppe Voltarelli è come scoprire un Sud che si ama e si odia, che si deve capire e consolare, ma anche rifiutare per poi ritornare con quella speranza che ha il sapore di una coccola materna. Parlare con lui significa diventare una spugna che pian piano si gonfia di aneddoti e ritmi, di bevute al bar, di ammirazione di generazioni di grandi che hanno solo da insegnare. Ascoltare la sua musica è infine il risultato della completezza di un artista che ha viaggiato per il mondo, che è diventato cantautore e si è formato con lo studio, ha osservato come si muove una mano su una chitarra per diventare melodia da aggrappare a parole che raccontano fatti, vita, emozioni.
Voltarelli ha dato le sue corde vocali alle parole di chi la storia l’ha fatta, analizzata e riscritta. Il fil rouge è il paese di origine, osannato e biasimato, il sud calabrese ritorna, diventa patrimonio collettivo e si trasforma in una barca che va per mare e “quello mette d’accordo tutti”.



Floriana Lenti


venerdì 6 maggio 2016

Sara Jane Ceccarelli domani sera a Perugia con #Colors


La pantera bionda del jazz ritorna a Perugia, il 7 maggio alle 22.00 al Bad King per presentare “Colors – Story of a girl who wanted to record an album”, che verrà pubblicato in autunno per iCompany. Già incontrata nelle sale della redazione di View Point, Sara Jane Ceccarelli, artista italo-canadese ci aveva parlato dell’amore per la musica, dei trascorsi professionali, delle origine della sua arte. Erano pochi i dettagli sul nuovo disco “Colors”… La ritroviamo ora più grintosa che mai, dopo il grande successo dell’ultimo Primo Maggio di Roma che l’ha vista cantare con la Med Free Orkestra. Adesso è già pronta a stupire nuovamente il suo pubblico, a raccontarsi in un live anticonvenzionale e forse controcorrente, quello che farà sabato prossimo nell’ormai rinomato locale perugino. Unici avvertimenti per gli spettatori: aprire bene le orecchie, sgombrare la mente, farsi condurre in mondi sonori e visivi inaspettati; incantanti dai suoi occhi celesti, dalla pelle chiara, ma soprattutto dalla sua voce, Sara Jane Ceccarelli con “Colors” coinvolgerà tutti i sensi.
Cosa rappresenta per te questo nuovo album?
“Questo disco è una sorpresa prima di tutto per me stessa. Per molti anni ho portato avanti il mio duo acustico insieme a mio fratello Paolo, e non avrei mai pensato di poter scrivere brani miei, e soprattutto di uscire con un progetto che molti stanno definendo etno-pop elettronico. Ma questo nuovo mondo sembra appartenermi da sempre”.
Chi ha collaborato con te nella realizzazione?
“ll disco è stato curato nei minimi dettagli, ed è stato un lavoro faticoso ma molto gratificante. Con Luigi Di Chiappari, mio braccio destro e mente creativa dell’intero lavoro, abbiamo cercato di lavorare secondo un principio all’apparenza semplice, ma non sempre facile da rispettare: il nostro gusto, ciò che per noi era “bello”. Abbiamo unito il mio mondo personale, più intimo e devoto al folk-pop nordamericano così come al jazz e al pop alla “Sting”, al mondo elettronico British grazie al prezioso apporto di Andrea Guastadisegni, che oltre ad aver registrato il disco è ormai parte integrante della band. Mio fratello Paolo, con chitarra elettrica e tres cubano, porta la parte “viva” della musica, quella non elettronica. E Giulia Pallotta, con i suoi visual costruiti su misura per ogni brano, crea un collante tra musica e pubblico incredibile”.
Canti in diverse lingue, e in Colors?
“Il disco è perlopiù in inglese, perché è la lingua che ho imparato per prima grazie a mia madre, canadese. E’ una lingua particolarmente “musicale” ed è comunque stata una scelta istintiva. C’è anche un brano in spagnolo e uno in italiano, tributo ad uno dei miei maestri storici, Bruno De Franceschi, che tanto ha inciso sulla mia carriera. E poi due cover, una a Sting, mio idolo, e l’altro a Leonard Cohen, un tributo al mio Canada”.
Primo tour da solista, seconda tappa di presentazione del disco nella tua Umbria, a Perugia, al Bad King…
“Questo è il mio primo vero tour da solista, e sono molto emozionata. Il pubblico sta rispondendo benissimo, il primo singolo RESCUE YOURSELF uscito il 26 aprile è stato scaricato da moltissimi fan scalando subito le classifiche iTunes fino all’ottavo posto. Il disco “Colors - Story of a girl who wanted to record an album” uscirà con iCompany il 1 Ottobre 2016 e verrà presentato a Roma.”
Non solo solista. Con chi collabori e quali sono i progetti che stai portando avanti?
“La mia carriera è sempre stata e resta trasversale, per mia scelta. Al momento sono una delle front woman della Med Free Orkestra, con cui siamo appena scesi dal Palco del Primo Maggio a Roma, e sono una delle voci dell’Orchestra Nazionale Jazz Giovani Talenti. De Gregori mi ha voluta nel suo ultimo disco tributo a Bob Dylan… mia prima esperienza come corista. E’ sempre stato molto interessante per me cantare e cimentarmi in repertori profondamente diversi, credo mi permetta di acquisire profonda sicurezza. Spesso ho accettato anche lavori per cui non ero a mio avviso pronta, ma l’ho fatto per amore delle sfide.”


Floriana Lenti

L'intervista su ViewPoint

L'intervista dell'anno scorso



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domenica 1 maggio 2016

Toni Servillo, Napoli, primo maggio, poesie... Ammore e niente cchiù!


Rimbombano ancora nella mia testa le splendide parole lette ieri sera a Solomeo con maestria rara da Toni Servillo. Sul palco con un leggio, una sedia e i testi di Salvatore Di Giacomo, Eduardo de Filippo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani, Mimmo Borrelli, Enzo Moscato, Maurizio De Giovanni, Giuseppe Montesano, Antonio De Curtis, Michele Sovente.
Mi è rimasta negli occhi l’immagine di una cartolina di una Napoli colorata, piena di calore, desiderosa di esplodere. Una Napoli sempre pronta a dettare sentenze, vere, umane, stroncanti. Napoli coraggiosa e guerriera che mette al centro la morte per dare il giusto peso alla vita. Toni Servillo ha tracciato il sentiero di un viaggio che dal Paradiso arriva inesorabilmente all’Inferno: non per scendere, ma per salire con cinismo e ironia, alla riscoperta dei valori assoluti dell’uomo.

Con le perle di saggezza del grande Totò festeggio il mio primo maggio. 

'A vita è ingiusta
'A vita è ingiusta pecchè è fatta a scale.
Ognuno sta piazzato a nu scalino,
ma sti scalini nun sò tutte eguale:
sò state predisposte da 'o destino
ch'ha regolato chesta umanità.

 'Ncantesimo
Te guardo tutt' 'o juorno e sò 'ncantato
guardannete sti mmane... sti capille,
sta vocca rossa comm' 'a nu granato,
chist'uocchie nire ca sò ddoje scintille,
l'avorio 'e chesti spalle avvellutate,
e sta vetella 'e vespa 'ntussecosa.
'0 ssaccio, ch'aggia fà... mme sò 'mbriacato,
mme sò 'mbriacato pe sti belli ccose!

Riflessione
'A verità vurria sapè che simme
'ncopp' a sta terra e che rappresentamme:
gente e passaggio, furastiere simme;
quanno s'è fatta ll'ora ce ne jammo!

Core analfabbeta*
Stu core analfabbeta
tu ll'he purtato a scola,
e s'è mparato a scrivere,
e s'è mparato a lleggere
sultanto na parola:
"Ammore" e niente cchiù.
*La prima volta che l’ho sentita è stata un po’ più di due anni fa, una sera d’estate, passeggiando sotto braccio ad un uomo meraviglioso, camminando verso Piazza Morlacchi. La sua interpretazione per me rimane l’unica possibile.