sabato 30 gennaio 2010

energia positiva!!!


Tavola della pace e Caterpillar per diffondere e promuovere energia positiva!

I ragazzi della Tavola della pace e Caterpillar ieri pomeriggio hanno percorso il tragitto della Marcia per la Pace. Da Perugia ad Assisi si è marciato con bandiere della pace, manifesto della prossima Marcia e la torcia ecologica portata da Marina Senesi. La torcia a energia pulita sta viaggiando per l’Italia, sul modello del tragitto della fiaccola olimpica, alla ricerca di punti di rifornimento a fonti rinnovabili, per giungere fino a Roma e “accendere” la festa del 12 febbraio prossimo. La scelta della Tavola della pace e di Caterpillar di arrivare da Perugia fino ad Assisi è per ricordare l’impegno dei marciatori per la pace a diffondere un’altra cultura: abbandonare il consumismo e proporre nuovi stili di vita. “Sogniamo di organizzare il 16 maggio 2010 – hanno ribadito i partecipanti della Tavola della pace- una Marcia a impatto zero!”. Sin dal 1961, da quando Aldo Capitini camminò lungo il percorso che ancora oggi si compie ogni due anni, la Marcia per la pace ha prodotto energia positiva, ed anche questa esperienza spinge alla riflessione proponendo un cambiamento culturale profondo. Su www.caterpillar.rai.it, sarà possibile segnalare la propria adesione e trovare tutti i materiali per diffondere l’iniziativa nei posti di lavoro, a scuola o nella propria città. Nel sito si ricorda: “allo stadio attuale della ricerca tecnologica è già possibile produrre energia con il sole, il vento, il mare, il calore della terreno o con le biomasse. Facendo appello all’inesauribile ingegno italico invitiamo tutti, dagli studenti ai precari, dalle aziende in crisi alle amministrazioni comunali, a misurarsi con la green economy adottando un sistema pulito per accendere tutti insieme le luci il 12 febbraio 2010. L’intento è duplice: da un lato verificare in prima persona che le tecnologie attualmente disponibili sono efficaci e rappresentano alternative realistiche, dall’altro dare un segnale simbolico di fiducia nelle energie rinnovabili e nello sviluppo di un modello di economia sostenibile”.

(Questo articolo è stato pubblicato oggi 30 gennaio -62° anniversario della morte di Gandhi- sul Corriere dell'Umbria e sul sito www.perlapace.it)


mercoledì 27 gennaio 2010

un numero

“E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell’aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio”. (Tiziano Terzani)


Ricordare è un metodo per andare avanti, per migliorare. Avere memoria di quello che si fa, di ciò che si vive è indispensabile per non ripetere gli errori commessi e per trasmettere agli altri il passato tramite la condivisione e il dialogo. Ad ottobre, durante la missione Time for Responsibilities (in Israele e Palestina) ho visitato il museo della Shoah a Gerusalemme. Shoah (in lingua ebraica השואה ), significa “desolazione, catastrofe, disastro”. A scuola ho studiato l’olocausto, ho letto libri, mi sono documentata, eppure in Medio Oriente mi sono immersa in un contesto difficile da esplicare e impossibile da dimenticare: un viale alberato conduce all’ingresso. Ci sono delle targhe con i nomi di chi aveva compreso l’orrore e aveva aiutato gli uomini ebrei a trovare salvezza. Appena varcato il portone, una struttura grigia risucchia lo sguardo e lo stomaco in un vortice di sensazioni, la prima: claustrofobia. Stanze piene di oggetti di donne, uomini, bambini. Camere in cui è possibile vedere l’entrata, ma non si scorge l’uscita. Eppure c’è, solo per passare in una dimensione sempre più tetra, realistica. Stelle, da applicare su giacche per farsi riconoscere. E nomi. Tantissimi nomi. Troppi. Spesso accompagnati da fotografie. Il museo a Gerusalemme si chiama Yad Vashem che significa: memoria e nome; l’obiettivo è infatti quello di ridare identità a chi l’ha persa. Non riuscivo a commentare, a cercare una ragione. Ho solo silenziosamente osservato. Ed alla fine del percorso la sensazione di vertigine. I brividi lungo la schiena, le mani tremolanti. Pensavo: è solo un millesimo di quello che hanno vissuto loro?! La brutalità dell’uomo è arrivata ai limiti. Poi mi sforzavo di elencare le amenità: guerra, odio, ingiustizia, sopraffazione, sfruttamento, violenza, sterminio. Sterminio. Quando i deportati arrivavano ad Auschwitz venivano privati di tutto quello che avevano, gli venivano rasati i capelli e da quel momento diventavano un numero, tatuato sul loro braccio, erano tanti i motivi per cui venivano fatte queste pratiche, il primo è l'annientamento della personalità. Indebolire il prossimo per poi annullarlo prima moralmente, poi fisicamente. E' dalla memoria che si deve ripartire.

mercoledì 20 gennaio 2010

senza colore


Quando frequentavo le elementari avevo una compagna di banco adorabile. Sapeva disegnare benissimo ed aveva una grafia decisamente meglio della mia. Si dimenticava a casa spesso i pennarelli, ma ricordo che condividevamo i miei con piacere; io li rovinavo, lei sapeva trattarli con cura. Masticavo le matite, lei non ha mai messo oggetti di cancelleria in bocca. I suoi capelli nerissimi e riccissimi stimolavano la mia immaginazione: spesso provavo a stenderli, quasi le facevo male per tirarglieli, ma ritornavano imperterriti al loro posto, ordinatamente disordinati.

Nei pomeriggi di inverno alcune volte veniva a fare i compiti a casa ed io l’annusavo e la osservavo intensamente inebriata dalle pupille che non si distinguevano dall’iride. Anni prima ebbi in regalo una bambola che le assomigliava molto, nei miei giochi era campionessa di corsa e sapeva pattinare su qualsiasi superficie. I miei genitori quando lei veniva a casa ci preparavano la cioccolata calda e mi incantavo nel vedere le sue labbra che si confondevano con il marrone nella tazza, la sua pelle era ancora più scura di quando trascorrevo tutta l’estate sotto il sol cocente pugliese in ammollo nell’acqua salata. Mi dissero che la sua casa era oltre quel mare, ma io non vedevo che l’orizzonte e non capivo come avesse fatto a nuotare per tante ore… Un giorno mi inoltrai a largo oltre le boe, ma quella linea che mescolava terra e cielo, di un color ciano avvolte intenso ed altre meno, rimaneva sempre lì. E avevo l’affanno. Immagino che la stessa sensazione la si possa provare almeno triplicata quando si sta su un barcone super affollato…

Adesso, dopo gli anni trascorsi su banchi di scuola fino all’Università posso affermare: “avrei voluto più amiche come lei, almeno il 50% in più”. Alle elementari acquisivo tutto con naturalezza, certo ammetto che mi è stato fatto notare che il 90% del tempo avevo la testa tra le nuvole, eppure inconsciamente apprendevo e soprattutto lo facevo godendo della presenza di coetanei. Non avrei mai detto che prima o poi ci sarebbe stato bisogno addirittura di imporre un tetto massimo di stranieri nelle classi. Il 30% potrebbe essere ragionevole (se si escludono i nati in Italia) eppure bisogna rapportare il dato al totale degli immigrati in Italia. Il dilemma che mi assale a questo punto è: razzismo o integrazione?

Carissima Sara, amica di giorni spensierati, spero tu sia felice ovunque ti trovi nel mondo. Sappi che se il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini si fosse pronunciata sulla questione anni fa, mi sarei battuta per averti comunque sempre accanto. Mi hai insegnato più tu di mille maestre messe insieme... spero che la ministra trovi lungo la sua strada compagne come te!

giovedì 14 gennaio 2010

ogni volta che vorrai


Cosa può definirsi “per sempre”? Essere mamma (o papà) è un “per sempre”, eppure ci sono palesi casi di parentele non ben accette. Un’amicizia vera può durare in eterno, ne sono convintissima, nonostante varie circostanze della vita possano determinare allontanamenti. L’amore è sicuramente il più bel sentimento che l’essere umano può sperimentare, muove il mondo, fa battere il cuore, fa sognare ad occhi aperti, fa sorridere anche nei contesti peggiori, fa brillare gli occhi e dà la forza di affrontare il presente con un’inspiegabile grinta… Si può amare, oltre che un’altra persona, il proprio lavoro, la musica, la letteratura… la lista potrebbe farsi infinita, e lungi da me completarla. Quello che mi fa riflettere è l’amore che esiste in una coppia di esseri umani. Di relazioni ne ho viste molte ed ho constatato che non ci sono regole precise. Non ci sono etichette sulle quali c’è scritto “consumare preferibilmente entro...”, e magari qualcuno potesse inventarle!

In amore ci sono delle tappe però. Sicuramente stare insieme arricchisce e priva: dà la serenità di non essere solo, toglie la libertà non esserci. Inutile filosofeggiare. L’amore, anche il più profondo, finisce, o meglio: cambia! Diventa altro: complicità, sostegno, aiuto, conforto, sopportazione. Forse è meglio, forse no. Dipende da cosa ci si aspetta da un rapporto.

Arrivata all’età adulta ho molti amici coetanei che mi comunicano la grande scelta: MI SPOSO. Ed io ho come un brivido gelido lungo la schiena, mi si blocca il respiro per un secondo, realizzo davvero solo dopo qualche attimo e reagisco con un celato stupore: “oh, che bella notizia, complimenti!”.

Ho fatto una breve ricerca su internet e credo che sia paradossale organizzare un matrimonio: corsi, ristoranti, biglietti di partecipazione, inviti, vestiti, parrucchieri ed estetisti, fedi e chi più ne ha più ne metta. Il matrimonio è solo un momento, dura al massimo un giorno, certo, uno dei più importanti della vita anche perché presumibilmente dovrebbe essere appunto: PER SEMPRE.

Ho letto:

Cambiano anche le parole: al momento del “si”, non si dirà più la formula storica del consenso: “Io… prendo te… come mia sposa o sposo”, ma si dirà: “Io…accolgo te come mia sposa o sposo”. Infatti, secondo la Chiesa il verbo “prendere”, insinua che l’altro sia considerato un oggetto mentre il verbo “accogliere” mette in evidenza la dimensione del dono”.

Mi sta benissimo! Anche io lo sogno per me stessa. Certo, gradirei qualcosa di semplice. Non lo nego, mi piacerebbe dichiarare il mio forte sentimento e sorrido se penso che sarei tranquillamente in grado di gridarlo quel “sì”. Ciò che mi terrorizza è la dicitura: “finché morte non ci separi”, adesso credo possa essere variata con “tutti i giorni della mia vita”, ma il concetto è lo stesso.

Non si può dire solo: Prendo te, come mia/o sposa/o e prometto di esserci ogni volta che vorrai?

Mi sembra una frase generosa, non necessariamente più comoda... sicuramente più onesta! Una pubblicità nota recita: "un diamante è per sempre", quello che sentiamo nel cuore può cambiare. Insomma, fate come volete, ed io spero che sia come un diamante.

lunedì 11 gennaio 2010

In una sola notte

Dopo le feste natalizie, di norma, si rallenta un po’ con la frenesia dei regali, di acquisti esagerati, di spese spesso azzardate e inutili. E’ vero, iniziano i saldi, mille servizi su vari tg ci insegnano a badar bene ai cartellini e a non cader vittime di tranelli commerciali… E poi, “durante una tale crisi” –come spesso si sente dire di questi tempi- non si potrà mica esagerare, no?

I soldi spesi meglio nella mia breve vita sono quelli per i LIBRI. La LETTURA: per me un’innata passione che spesso sfocia quasi nel fobico. Sapere, conoscere, aspettare il giorno dell’uscita nelle librerie delle ultime novità letterarie di autori noti e meno. Possedere e/o regalare un testo “ricco” a poco prezzo è possibile ed emozionante, e se volete fare una prova non perdetevi “In una sola notte”. Il libro è una raccolta di racconti di autori già affermati del panorama letterario attuale, è a cura di Girolamo Grammatico ed il ricavato andrà a sostenere il progetto "SHAKER, pensieri senza dimora", giornale di strada su cui scrivono persone senza dimora, nato alla stazione di Roma Termini nel 2007.

100 pagine dense di storie che vogliono denunciare lo stato di povertà che si nasconde nelle nostre strade e che ormai tendiamo a non vedere o ancor peggio ad avvertire come un fastidio. Da poco edito e già in ristampa!!!

Per saperne di più http://percezionesociopatica.blogspot.com, oppure http://www.ecedizioni.it

domenica 10 gennaio 2010

in poco tempo

Non può terminare questa giornata senza che nulla sia scritto. Non possono volare via i giorni senza lasciare un segno. Come imprimere sentimenti altalenanti ed instabili seppur dettati dalla ragione? Come spiegare quello che accade senza divenire “di parte”? 10 gennaio 2010, quando tornerà questa combinazione di numeri? Il 10 era il numero perfetto per i greci.

Secondo la profezia Maya nel 2012, il 21 dicembre, dovrebbe terminare il mondo, alcuni sostengono che ci sarà qualcosa di eclatante che modificherà radicalmente tutto quello che gli uomini conoscono. Personalmente credo che nonostante l’intervento malsano degli abitanti della terra, questo pianeta resisterà e ci stupirà, ed il 22 dicembre ci ritroveremo con tutto quello che abbiamo creato, con le nostre paure e i nostri sogni, con figli da sfamare e il lavoro da portare a termine. Forse si saranno estinti altri animali, ma l’uomo rimarrà. L’effetto serra si avvertirà maggiormente, ma la disoccupazione o l'integrazione di stranieri saranno ancora problemi sociali da risolvere.

In questi dieci giorni solo un pensiero mi ha tormentata: non ho scritto il consueto bilancio di fine anno e non ho segnato sul mio taccuino i nuovi buoni propositi per il futuro. Un foglio bianco mi ossessiona: arrivata fin qui, come posso procedere? Certo, il tempo scorre, inesorabile ticchettio di secondi tutti uguali quasi celato dal da farsi. Non sarà mica la volontà di una sola persona a modificare il corso degli eventi di un paese, di una regione, di una nazione o del mondo. Non è possibile però pensare che non si possa essere attori e protagonisti del proprio presente. Ho pochi consigli da dare e forse nulla da insegnare. Spinta dalla curiosità voglio solo sapere e provare ad agire per raggiungere una sorta di “equilibrio interiore” funzionale poi a ciò che mi circonda. Ho spesso fatto appello ad una semplice frase, che col tempo ho interiorizzato rendendola artefice del mio cammino: non c’è pace senza giustizia! E non sarebbe giusto non comunicare, non far girare le notizie, non mettere in rete per raggiungere obiettivi comuni.

E’ giunto il momento di fare qualcosa di importante, di significativo, di rivoluzionario; non saprei dire esattamente cosa, ma proverò ad indagare insieme a chi avverte il bisogno di migliorare.

Io ci penso, e tu?