martedì 21 ottobre 2014

Le sfumature del blues di Little Blue Slim


Nome: Mauro
Cognome: Magrini
Nome d’arte: Little Blue Slim
Classe 1982
Città natale: Foligno
Città in cui vive: Perugia
Al suo profilo va aggiunta una sola parola, la più importante: blues. Per farlo si serve della sua voce, ma anche di armonica, chitarra, cigar box, ukulele, stomp box (al piede destro), charleston (al piede sinistro), Kazoo e weissenborn.
Lo si può ascoltare in locali del centro, in eventi di spessore regionale, in manifestazioni nazionali, in serate all’insegna del divertimento e della buona musica. Lo si riconosce, non solo dalla voce e dall’abilità con cui suona, la sua personalità artistica si completa con il look: in scena è vestito con una tuta blu da contadino, una maglietta bianca e un cappello di paglia. Non potrebbe essere diversamente, quello che Little Blue Slim trasmette corrisponde esattamente a quello che è: umile, talentuoso, sinceramente innamorato del blues quasi quanto lo è dell’instancabile fidanzata, fotografa e accompagnatrice Arianna.
Mauro Magrini porta sul palco un One Man Band Show capace di accompagnare gli ascoltatori nelle profonde radici del blues passando per il country, sorvolando a braccia tese sul gospel e approdando in improvvisazioni degne dei maestri delle blue note.
Difficilmente le sue performance si dimenticano, capita di ascoltare un suo concerto live e di ritrovarsi la sera in macchina verso casa canticchiando melodie, tamburellando le dita sul volante, ricordando le dodici battute tipiche del blues. In Mauro Magrini si concentrano talento, esperienza, passione, ma anche ricerca. Lo abbiamo seguito in vari percorsi e lo abbiamo intervistato intervallando parole e suoni.
La tuta te la sei fatta dare dal nonno, ma chi ti ha presentato il blues?
In realtà credo che il Blues abbia bussato alla mia porta, ed io l’ho fatto entrare. Il blues riesce ad penetrarti fino alle ossa quindi non si tratta di una moda passeggiera, stiamo parlando di necessità fisica… più lo ascolti o suoni e più stai bene! Ero già abbastanza grande quando mi sono appassionato del genere grazie a Stefano ed Emanuele Sereni, due fratelli musicisti del mio paese di origine, Cannara. Il mio mondo blues è nato così.
Possiamo definirti “figlio d’arte”. Ci racconti della tua famiglia?
Ho una famiglia di “Sonati” come spesso dico. Mio padre Giampiero è un artista e suona la tromba, mio fratello Manuel è un piccolo genio insegnante di pianoforte, poi aggiungo alla lista anche i fratelli di mio padre, Mario e Virgilio che suonano sax e percussioni, infine mia madre Mara ascolta con gran pazienza, e non è poco. Da piccolo i miei genitori hanno tentato di avvicinarmi nel mondo della musica iscrivendomi a scuola di tromba e successivamente di pianoforte. Non ho mai amato le ore interminabili di solfeggio e di pratica davanti ad uno spartito, quindi ho presto abbandonato il tutto. Poi un bel giorno non ricordo bene come mai, sono stato colpito dal desiderio irrefrenabile di suonare la chitarra e così convinsi mio padre a comprarmene una. Oramai le aspettative su di me erano in forte crisi, mentre, nel frattempo,
cresceva smisuratamente bene il mio fratellino Manuel che già dava forti segnali di essere un vero e proprio genio dello strumento. Senza ansie addosso, però, ho continuato il mio percorso, l’unica voce che sentivo dentro era dettata dal puro desiderio di fare musica, e direi che ho proprio fatto bene ad ascoltarla!
Quanti strumenti suoni contemporaneamente? Come fai a coordinare tutto? E come
si compone esattamente il tuo SetUp?
Il mio set up è sempre in costruzione… attualmente suono con Grancassa o stomp box al piede destro, in base alla situazione, al piede sinistro charleston  e a volte un rullante, poi ho una chitarra o lo strumento di turno tra weissenborn, cigar box, ukulele e tramite un reggi armonica posso cantare e suonare l’armonica. Contemporaneamente quindi suono la ritmica con i piedi, chitarra ed armonica. Il segreto per coordinare il tutto è tanta pratica in primis, mantenendo sempre la calma e cercando di ottenere un buon sound, poi cercare di settare
tutto perfettamente prima di iniziare un live, ovvero dall’altezza dello sgabello alla distanza dei vari pedali della batteria, insomma deve essere tutto perfetto o quasi altrimenti ti ritrovi a suonare e poco dopo ti intrecci tra fili, armoniche ecc. Quello che comunque non deve mai mancare è una dose abbondante di concentrazione.
A quali artisti t’ispiri e quali cover proponi al tuo pubblico?
Stimo praticamente tutti quei vecchietti neri che battono il tacco e cantano davanti le loro baracche, con semplicità loro riescono a trasmettere le emozioni personali e profonde a chi li ascolta, quindi  quando suono cerco in tutti i modi di immergermi in quel magnifico mondo cercando di creare atmosfere surreali, coinvolgendo il pubblico, raccontandogli storie blues. Mi capita spesso di chiedere al pubblico di produrre versi di animali, la musica si fa gioco e il trasporto degli ascoltatori è assicurato. Ad ogni modo ricevo molti più input dai miei amici musicisti con i quali a volte condivido il palco, proprio perché riesco a sentire la loro energia ed il loro entusiasmo, è indubbio: mi danno più stimoli rispetto ai soliti famosi sentiti e strasentiti. Per quanto riguarda il repertorio, però, oltre ai miei pezzi sia in italiano
che in inglese, porto in scena diversi traditional e qualche cover country e blues di Johnny Cash, Eric Clapton, Muddy Waters, Bo Diddley, Robert Johnson, Jimi Hendrix e Ben Harper.
Se potessi andare a cena con Ben Harper cosa gli chiederesti?
Ah! Bella questa! Anzitutto di pagare il conto! E poi forse cercherei di capire tutto quello che c’è dietro il suo talento, ovvero quanti sacrifici ha fatto per diventare famoso, insomma tutta la gavetta, le numerose avventure e poi finirei con una bella jam session con tanto di selfie insieme… anche se, forse, è poco blues!
Immagina adesso di incontrare per strada Jimi Hendrix, hai un messaggio da
lasciargli?
Sì. Gli direi che lui era un mito perché ha creato uno stile suo unico ed inimitabile nonostante avesse molte influenze anche lui come Bob Dylan, Buddy Guy, T Bone Walker, Adesso, invece, gran parte dei chitarristi vogliono essere l’esatta fotocopia di un altro più famoso peccando quindi di non originalità e impersonalità. A Jimi Hendrix direi anche che purtroppo il film che hanno fatto recentemente su di lui fa veramente pietà, si può dire? Beh, ormai l’ho detto.
Com’è suonare in Umbria, che feedback hai?
Credo che la situazione musicale in Umbria sia migliorata rispetto a qualche anno fa, molti locali vogliono proporre live anche durante la settimana, addirittura mi è capitato di suonare dentro un negozio di moda a Foligno. Da quando ho intrapreso questo progetto di One Man Band il pubblico mi segue di live in live portando sempre nuova gente. E’ meraviglioso sentire e vedere quanto la musica coinvolga a valanga tante persone.
Hai partecipato a manifestazioni regionali e nazionali, ce ne parli?
Proprio in questo mese il mio progetto “Little Blue Slim” compie un anno e in questo arco di tempo sono riuscito, con gran piacere e stupore, a partecipare al Trasimeno Blues Festival, in Umbria, che vanta un cartellone di nomi sia nazionali che internazionali ed ho avuto l’onore di suonare prima dei Play For Change Band registrando un afflusso di gente da record e al Blues Made in Italy, a Cerea (VR), dove hanno partecipato i migliori bluesman italiani. Sono sicuro che mi chiameranno a suonare in altre kermesse molto note, non vi svelo dove, ma prometto che vi terrò informati.
Qual è il tuo motto? Salutiamo i lettori con un verso di una canzone…
La musica è una cosa seria, quindi supportiamola riempiendo le sale nei live. Siccome noi piccoli musicisti siamo sempre squattrinati vi saluto con questi versi che erano usati dagli scaricatori di porto neri della Georgia quando volevano essere pagati: “Pay me, pay me, pay me my money down, pay me or go to jail, pay me my money down.”

Tutte le novità sull’artista Mauro Magrini, i concerti e i live, le proposte e gli approfondimenti sono disponibili sulla pagina fan https://www.facebook.com/littleblueslim

sabato 18 ottobre 2014

Disarma, il libro di Claudio Bianconi


“Fabulazioni” non è solo il libro scritto dal giornalista e fotografo Claudio Bianconi. Non è una semplice raccolta di racconti. Non è un insieme di concetti messi su carta. “Fabulazioni” è il ritratto più intimo e personale dell’anima di un uomo capace di guardare oltre, di scannerizzare i sentimenti umani e di cogliere la Bellezza per restituirla ricca di suoni e colori ai suoi lettori. E’ anche il bisogno di “lasciare il segno” in un mondo sempre più frenetico, che passa, che supera e a volte sottovaluta; per dirla più concretamente: “Fabulazioni” è la necessità di concentrarci su quello che ancora può meravigliare riabilitando il cuore di fronte alla semplicità delle onde del mare, alla forza del vento, alla dolcezza di un amore, al suono delle lettere e perché no? alle lacrime di una bambola.
Disarma, il libro di Claudio Bianconi, e nel farlo adopera immagini chiare provenienti dalla realtà sempre pronta ad offrire spunti validi di riflessione.
Il 17 ottobre si è svolta alla Libreria Grande di Ponte San Giovanni la prima presentazione del libro (edizioni Fat Chicken) alla quale oltre all’autore Claudio Bianconi sono intervenuti Pasquale Guerra e Leonardo Malà. Nel pubblico, proprio a dare conferma dell’assenza di “confini” che il libro magistralmente elogia, erano presenti anche tanti ospiti SPRAR (Servizio per Richiedenti Asilo e Rifugiati Politici) del Centro Immigrati di Via del Favarone di Perugia.
In poche ore sono state tante le parole che hanno descritto il testo di Claudio Bianconi senza trascurane il suo vissuto. Il giornalista Leonardo Malà ha parlato della “gentilezza” di Claudio “il suo tratto distintivo per eccellenza” e del loro primo incontro di trent’anni fa circa. “Sa scegliere le parole con cura, le parole contano, le parole sono importanti e l’autore dimostra di saperle usare, sciogliere, mescolare e donare” ha sottolineato il professor Pasquale Guerra.
L’autore stesso ha raccontato: “Le novelle raccolte in questo libro sono state scritte in vari periodi della mia vita, dopo viaggi, durante giornate vissute… le più diverse” eppure tutte le storie sono legate da un fil rouge che pizzica l’attenzione di chi legge: “C’è nero, c’è blu nelle varie sfumature della declinazione di un blues: nero e blu alchemici, elaborazioni ‘leggere’ di esperienze, ferite aperte e rimarginate, ferite leccate, amori infranti. – Si legge nell’introduzione dell’autore - E c’è il sale…”. Sì, il sale c’è in ogni pagina. Tutti possono cercarlo nell’attesa che Claudio Bianconi ci restituisca altre opere letterarie.

Floriana Lenti

giovedì 25 settembre 2014

Le tredici donne di Rosella Liuzza

“Le mie donne”, Midgard Editore, non è un semplice libro, non è solamente
una raccolta di racconti,
è il riscatto
di una vita fatta
di doni e privazioni.
Tredici donne una diversa dall’altra eppure tutte unite dalla stessa mano creativa. Un filo rosso le accomuna rendendole uniche, come se venissero da mondi distanti, da tempi differenti, da percorsi contrastanti. Può essere la stessa donna monaca e prostituta? Una vecchia ed una bambina in che modo possono coesistere? Il libro, edito da pochi giorni, non smette di porre interrogativi sulla natura poliedrica della persona… C’è la pittrice, la zingara, la maestra, la contadina e poi c’è la nana, la strega, la pittrice, la malata e la chiromante. Sin dal primo brano “Quando io nacqui” il lettore viene allertato: esistono maschere che sono indossate dalla stessa persona, maschere che ne creano le sfaccettature di un diamante che finalmente, attraversato dalla luce, può regalare a chi ne vorrà beneficiare, splendidi dettagli luminosi, raggi colorati e sfumature imperdibili. Il diamante, per essere più chiari, è la scrittrice Rosella Liuzza, e le sfaccettature sono le sue donne, i colori sta ai singoli lettori scorgerli.
“Le mie donne”, Midgard Editore, non è un semplice libro, non è solamente una raccolta di racconti, è il riscatto di una vita in cui tutto è stato un dono, ma molto è stato tolto. Nel testo, quasi integralmente autobiografico, vi sono gli scorci di un’esistenza marchiata da parole chiave quali solitudine, tristezza, paura, silenzio, ma anche bellezza, fantasia, immaginazione e genio. Tredici istantanee narrate e descritte con una semplicità tale da riuscire a incantare il lettore di fronte a pensieri poco scontati; nel brano “La pittrice” lascia a bocca aperta una limpida riflessione dell’autrice: “…dove finisce la follia e inizia l’arte? Oppure la follia è ciò che costituisce l’arte? Questo dilemma è complesso, come complesse sono le cause della pazzia e della genialità, che a volte coincidono in un solo individuo. Ecco che si dice ‘Gli artisti, i veri artisti, sono tutti un po’ pazzi’. Secondo me il vero artista vive in modo conflittuale l’essere normale con l’essere atipico, strano, agli occhi degli altri. Per l’artista la follia è normalità, nella misura in cui non si lasci turbare da essa e accetti la sua diversità. Se non è troppo severo, troppo in crisi con se stesso, e non è tremendamente inquieto, egli può convivere serenamente con la sua diversità”.
Aristotele scriveva: “Non esiste grande genio senza una dose di follia” e la letteratura è piena di esempi che raccontano questa dicotomia.
Rosella Liuzza si racconta: “La mia famiglia era numerosa e poco abbiente, la rata d’iscrizione alle superiori mi fu pagata dagli insegnanti stessi. Amavo studiare ed adoravo leggere. Ho scritto questi brani per liberarmi dalla sofferenza del rifiuto che avvertivo da parte di mia madre, donna irascibile e violenta. Per anni ho anche dipinto, poi, dopo la morte di mio padre a cui mi sento molto legata, ho avuto un blocco. Spesso ho avvertito il desiderio di raggiungerlo. Mi si è automaticamente interrotta la voglia di realizzare, di costruire, di creare e mi sono ritrovata sola. La solitudine è ciò che mi fa più paura, ma nonostante ciò la ricerco. Se tornassi indietro, comunque, non cambierei nulla di quello che ho vissuto”.
La scrittrice ora vive presso l’unione di Convivenza “SAN SISTO”, nata nel 1979 come luogo per ex degenti dell’ospedale psichiatrico che accoglie utenti con problemi di salute mentale e si occupa, tramite progetti collettivi e individuali, della riabilitazione psico-sociale degli utenti stessi. La struttura fa riferimento al CSM Bellocchio, che media anche gli ingressi proposti dagli altri CSM. Sono stati gli operatori soci della Cooperativa Borgorete a riaprire il cassetto in cui erano stati chiusi gli appunti di Rosella Liuzza, portando alla luce un talento che dichiarano: “Sa lasciare il segno. E’ la dimostrazione che non tutto è perduto, che c’è sempre una speranza e che la parabola della vita può avere delle varianti interessanti. Rosella potrà finalmente dimostrare che esiste l’opportunità di riemergere e siamo sicuri che presto sarà pronta per essere nuovamente autonoma, continuando a coltivare le sue antiche passioni”.
All’interno dell’unione di Convivenza in prevalenza, le attività rivolte agli ospiti sono di sostegno e affiancamento nella cura di sé (igiene personale, alimentazione, tutela della salute e terapie mediche in genere); nella cura dei propri spazi; nella relazione (con la famiglia, con gli altri ospiti, con il servizio inviante, con le svariate situazioni del territorio); e nella realizzazione di attività espressive e, dove possibile, inserimenti lavorativi. “Rosella, proseguono gli operatori, né prima, né durante il suo percorso riabilitativo, non ha mai minimamente immaginato di poter pubblicare i suoi racconti e non li ha scritti per questo scopo, ma sarebbe uno spreco accantonarli nuovamente. Rosella non ha problemi a mettere la faccia e il nome, quando le è stato ipotizzato uno pseudonimo ha rinunciato seccamente; questa pubblicazione in fondo è una rivincita verso tutte le forme di discriminazione”.
Rosella Liuzza ha scritto altri brani pubblicati per il centro diurno psichiatrico Kaos di Casa del Diavolo dove si svolgono attività creative. Non stupisce che abbia anche una grande passione per la musica ed una voce importante: ha anche cantato durante il Right Profit Guitar Festival di Città della Pieve.
Nella prefazione del libro, a cura di Rosella De Leonibus, Psicologa-psicoterapeuta, responsabile della sede umbra di CIFORMAPER – Gestalt Ecology, Centro Italiano di Formazione in Psicologia, Ecologia, Relazione, si legge: “L’arte di creare storie, che è un prodotto a quattro mani della scrittrice, dello scrittore e dei suoi lettori, è assai potente, perché è capace di sviluppare nuovi atteggiamenti nei confronti di se stessi, attraverso la riflessione sul modo in cui si vive la relazione col mondo”.
A noi ora non rimane che leggere queste pagine in attesa che Rosella Liuzza possa stupirci ancora.
Gli operatori dell’Unione di Convivenza “SAN SISTO” sono: Simone Dispendi, Laura Calderini, Luca Biagini, Domenico Barberio, Lorenza Urbani, Piera Tantillo. Un ringraziamento particolare va agli operatori Antonio Ballarano e Antonio Colaiacovo che si sono prodigati per la pubblicazione del libro di Rosella Liuzza.

venerdì 18 aprile 2014

Il batterista di Elio e le Storie tese in concerto al Bad King

Passione, amore folle per il jazz, umiltà e voglia di costante crescita sono gli ingredienti segreti di uno dei più famosi musicisti presenti nel panorama nazionale. Di chi stiamo parlando? Dell’eccellenza del ritmo Christian Meyer, batterista di Elio e le Storie Tese. Mercoledì 23 aprile sarà a Perugia insieme ad Alfredo Ferrario e a Paolo Alderighi. La serata, organizzata da Antonio Ballarano e Juri Pecci, si prospetta grintosa, energica e originale al Bad King, locale che per tutta la stagione invernale propone gratuitamente tre live, tra questi quelli del mercoledì che sono concerti di un certo rilievo e spessore. I “Color Swing Trio” daranno vita ad uno spettacolo (preceduto da un open soundcheck previsto per le 18.30) che farà immergere il pubblico nel puro swing anni ‘30/’40 rievocando l’atmosfera retrò dei famosi Jazz Club di New York.  “In casa ascoltavo jazz – racconta così la propria formazione Christian Meyer- Mio padre è stato un trombettista, suonava nell’Original Lambro Jazz Band nel dopoguerra e sono cresciuto con la musica di Amstrong, Sinatra, Ella Fitzgerald… La musica brasiliana l’ho approfondita in Germania quando sono andato per ragioni di studio ed ho potuto fare le mie prime esperienze da professionista. Dopo essermi fatto un po’ le ossa ho conosciuto l’ambiente di Elio e le Storie Tese ed ho iniziato a frequentare gli ambienti pop rockeggianti”

Quando sei in viaggio quale musica ti piace ascoltare?


“In automobile ascolto Jarret in trio, questa musica mi riempie. Generalmente mi appassionano i grandi improvvisatori e non sono tanti. Mi piacciono per esempio i Led Zeppelin, ma anche dischi italiani come quelli degli Area, di Lucio Dalla, di Battisti. Adoro tutti i pezzi musicali che coniugano melodia con estemporaneità”.

Hai suonato anche con Mina…


“Sì, abbiamo lavorato insieme per Pappa di latte, registravamo direttamente durante le prove, è una grande professionista, un talento vero, non dovevamo rifare il pezzo più di due volte e già tutto era perfetto”.

Insegni da anni e lo fai in tutte le città in cui vivi. Cosa ti trasmette questa esperienza?


“Mi piace rimanere in contatto con i più giovani. Insegnando si ricevono informazioni, si capisce qual è il futuro della musica; è un momento bilaterale. Sono già obsoleto, beh, chi suona da cinquant’anni lo è, dare lezioni di batteria mi aiuta a tenermi aggiornato”.

Ad ottobre il Bad King ha ospitato un altro batterista di fama nazionale: Ellade Bandini. In quale rapporto siete?


“Ellade Bandini è un grande amico, mi ha dato e mi dà una via da seguire, sa vivere nel mondo, ha comprensione e passione per quello che lo circonda. E’ riuscito a coinvolgere le nuove generazioni come la mia, diciamo che è il San Francesco del settore ed ha infuso rispetto per gli altri e per la musica. Con lui ed altri grandi maestri come Tullio de Piscopo ogni anno facciamo una cena e stiamo bene insieme. Il mestiere di batterista ci unisce e siamo consapevoli che debba essere trasmesso, non è più come negli anni ’70 che c’era competizione e rivalità. Ogni collaborazione è un arricchimento, l’ho scoperto suonando anche con Santana… La gente forte, i big della musica, sono quelli che pur avendo fatto una grande gavetta comunicano una semplicità disarmante. Si rapportano con gli altri come se fossero i vicini della porta accanto. Suonano, si divertono e l’insegnamento sta proprio a livello umano. Molti si portano il peso di sofferenze e di rinunce per essere arrivati ad un così alto livello ed è per questo che manifestano un rispetto tangibile per il tecnico, per il cameramen e per chi suona con loro. Un musicista, per diventare tale, deve compiere vari passaggi, deve partire dalla sala prove e non deve dimenticare le proprie radici”.

Di cosa ti stai occupando in questo periodo?


“Sto facendo il musicista su Rai 2 con Elio e le Storie Tese, portiamo avanti un progetto che ci sta impegnando tutti i giorni”.

Com’è lavorare con Elio?


“Elio ha fatto i suoi studi, è una persona semplicissima, è un anti vip, pur lavorando in tv non è inserito nel meccanismo televisivo. Si ricorda quello che è stato e non ostenta nulla, non offende mai nessuno e se non fosse stato umile e sempre proiettato verso la crescita personale e professionale non sarebbe arrivato ad avere tutto la stima di cui gode nel campo musicale. Ci tengo a specificare che il rispetto del pubblico è una cosa, quello dei colleghi è diverso ed è più difficile da ottenere. Elio è un musicista unico”.

Cosa hai in mente per l’open soundcheck?


“Mi aspetto di incontrare giovani amanti della buona musica, ragazzi che abbiano fame di sapere. Nel panorama attuale c’è poca conoscenza, le nuove generazioni non ascoltano i suoni che arrivano dal passato, molti non hanno mai ascoltato jazz e classica, è come se sapessero l’alfabeto a metà senza dunque poter scrivere un tema”.

Al Bad King ti esibirai alle 22.00 con i “Color Swing Trio”. Quando è nato?


“Mio padre, prima che morisse nel 2007, mi chiese se volevo suonare con un pianista giovanissimo, ero spaventato perché era considerato uno dei più grandi. Quando mi resi conto che si trattava di Paolo Alderighi accettai, prima di allora avevo fatto solo una serata con lui. Il concerto si teneva alla Società Umanitaria, un posto a Milano dove si fa cultura di vario tipo per persone anziane, lì mio padre dava lezioni di jazz. L’idea era fare uno spettacolo musicale con piano e batteria. Parlai con Paolo e decidemmo di chiamare Alfredo. Mentre preparavamo questo spettacolo mio padre venne a mancare e quando lo facemmo fu una commemorazione in suo onore. Ha generato il grande collante di questo gruppo. La presenza di Alfredo fu determinante: il clarinetto produce un suono che fa innamorare. E’ bello andare in giro con loro… facciamo musica allegra, i pezzi durano massimo quattro minuti, non c’è la rottura di ascoltare roba lunga. Proponiamo un mix godibile. I “Color Swing Trio” sono un concentrato di energia, e poi la musica degli anni ‘30/’40 swing deriva dalla musica classica a cui si aggiunge un ritmo specifico, trascinante, tipico della musica africana. Per me è di alta qualità”.

Oltre alla musica, qual è la cosa che ti piace di più?


“Stare nella natura… camminare nei boschi selvaggi”.

lunedì 7 aprile 2014

TriAD Vibration, il jazz ai confini della dance tribale


Dopo aver calcato il palco del Blue Note di Milano, dopo aver attraversato l’intera Penisola e i più prestigiosi Festival musicali nazionali i TriAd Vibration arrivano a Perugia il 9 aprile al Bad King per una serata, organizzata da Antonio Ballarano, all’insegna di un jazz ai confini della dance tribale. “Vogliamo produrre una musica che si sente con le orecchie e con il corpo” ha riferito Ezio Salfa bassista della band che abbiamo intervistato.

Qual è la caratteristica predominante della vostra musica e quali generi proponete al pubblico?


Siamo nati nel 2002 come trio: basso, batteria e didgeridoo. Il primo strumento decide le melodie, la batteria si unisce alle percussioni adoperando un set vario che scandisce il ritmo e il terzo strumento crea l’atmosfera realizzando le vibrazioni che arrivano in profondità; quello che fa la differenza è l’insieme. Spaziamo tra vari generi, facciamo una world fusion dalle sfumature tribali e sfioriamo note di Jazz, latin jazz, funk, rhythm’n’blues, drum ́n bass, senza disdegnare contaminazioni elettroniche. Oserei definire le nostre performance passionali, viscerali. La cosa più interessante è che possiamo suonare ovunque, ci sentiamo a nostro agio in ambienti anche molto diversi tra loro.

Da quando siete nati ad oggi cosa è cambiato?


All’inizio nella band c’erano due didgeridoo oltre al basso, ci chiamavamo ParalleloZero. Con il tempo siamo cresciuti, abbiamo sperimentato l’inserimento di vari strumenti come la tromba e la tastiera, ci siamo mischiati e mescolati spaziando liberamente tra suoni e ritmi, siamo maturati sia dal punto di vista personale che professionale e ci siamo riformati e stabilizzati nel 2006 quando abbiamo pubblicato il secondo album. Nel 2013 poi abbiamo realizzato Dreamtime avvalendoci di varie collaborazioni tra le tante quelle di Eric Marienthal, Tino Tracanna e Sandro Cerino ai sax; Daniele Di Gregorio al vibrafono; Mamadou Diou al djembè; Eduardo Cespedes e Virginia Quesada alle voci… Siamo in costante crescita e non ci fermiamo, vogliamo esplorare sonorità sempre diverse.

Non credete che nella vostra musica manchino le parole?


Beh, la voce ci potrebbe stare, nel primo disco ci sono tre brani cantati, ma adesso caratterizzerebbe un po’ troppo il gruppo. Le parole arrivano in modo diverso dalle melodie, noi vogliamo portare energia e vibrazioni, certo, sarebbe più facile entrare di più a livello commerciale, ma se dovessimo introdurre un cantante ci piacerebbe usare la voce come strumento per dei vocalizzi. Comunque non si sa mai, molte cose sono casuali, noi siamo frutto di incontri e rimaniamo fatalisti.

Come mai avete intitolato l’ultimo album Dreamtime?


Il nome è stato scelto in onore degli aborigeni australiani perché rappresenta il momento della creazione, il tempo in cui ogni cosa sulla terra ha avuto vita. Suonando il didgeridoo, gli aborigeni rievocano il momento della creazione da parte degli spiriti ancestrali. Ci piace immaginare che esista un tempo dei sogni in cui presente e passato si fondono e confondono.

Cosa avete in mente per il pubblico del Bad King di Perugia?


Verremo per la prima volta con la nuova formazione. Ci sarà io al basso, Gennaro Scarpato alla batteria e alle percussioni, Walter Mandelli al didgeridoo e questa volta ci accompagnerà Mauro Capitale al sassofono. Siamo pieni di idee, in questo periodo stiamo lavorando per il prossimo progetto in uscita entro la fine dell’anno, dunque al Bad King sperimenteremo alcune sonorità nuove e originali. Avvertiamo già l’adrenalina dell’inizio del concerto e siamo sicuri che il pubblico non riuscirà a stare seduto.



Floriana Lenti

domenica 6 aprile 2014

In ricordo di Tonino Guerra, il poeta della bellezza



“Sogno di illuminare questa parte dell’Italia dove si trovano ricordi greci, medievali, carichi di una bellezza straordinaria per farla risplendere, nella consapevolezza che occorre tutta la nostra forza e attenzione perché scompaiano quelle forze di cattiveria che lasciano ombre pesanti sulla bellezza”. E’ così che Tonino Guerra parla del Sud e lo fa rivolgendosi a Nichi Vendola invitandolo ad “aggiungere Bellezza” alla nostra Regione, in una lettera accorata pubblicata nel 2010 su “La Gazzetta del Mezzogiorno”. In uno dei suoi viaggi in Puglia, Tonino Guerra scrisse sempre sullo stesso giornale un articolo appassionato affinché si “illuminasse la Puglia, perché con la sua storia, la sua arte, il turista può pensare che anche una parte di questo mondo è paradiso”. Innamorato del Salento ha dedicato le sue ultime parole alla musica popolare pizzicata “Danza proibita” ed ora, l’opera intera, dovrebbe diventare un film.
Chi lo ha conosciuto racconta i suoi viaggi e le sue permanenze pugliesi con commozione: “Si deliziava a discorrere con chiunque incontrasse lungo il cammino, adorava trascorrere le ore tra gli ulivi osservandone i giochi bizzarri di colori e terra che solo nel Sud si possono ammirare, passava anche ore nelle piazze affollate la sera tamburellando il piede a terra nell’intento di inseguire il ritmo di tamburi incandescenti e fisarmoniche vibranti. Era totalmente inebriato dagli odori e dai sapori mediterranei e nelle sue opere ci metteva sempre un po’ del sale marino del Salento”.
Solo chi possiede grande cultura e pura passione come Tonino Guerra può vedere la bellezza di una terra viva e pulsante come quella dell’Italia meridionale; il poeta romano l’ha conservata nel cuore e l’ha poi trasmessa a chi ora può godere della sua arte.
La Città di Perugia, dopo quelle di Lecce e Matera, ricorderà martedì 8 aprile alle 21.00 presso la Sala Sant’Anna, a due anni dalla scomparsa, il “Poeta della bellezza”… poeta di Fellini, Antonioni, Angelopoulos, Tarkovskij.
Ad organizzare e promuovere l’evento è l’associazione umbro salentina “SubasioSalento” e ad ideare la manifestazione commemorativa è stato il salentino Alessandro Turco, collaboratore dell’Associazione Tonino Guerra. Si prevede un programma ricco ed esaustivo: sarà presentato anche il numero de “l’incantiere”, edito da Cosimo Lupo, giornale di poesia a scansione trimestrale, diretto da Walter Vergallo, che ospita alcuni appunti diaristici inediti di Tonino Guerra. A completare l’omaggio al grande sceneggiatore italiano ci sarà la proiezione, in anteprima, di alcuni video e l’esecuzione di un assolo di musica popolare salentina, di Consuelo Alfieri, giovanissima artista leccese. E per chi desidera godere della sua voce già lunedì 7 alle 19.00 presso il Morlacchi ci sarà un omaggio musicale al grande poeta. Ospite d’eccezione sarà lo scrittore Maurizio Nocera, grande conoscitore del tarantismo, che racconterà mito e leggenda del morso della taranta.

Floriana Lenti

venerdì 4 aprile 2014

Tornano a Perugia i Bud Spencer Blues Explosion



Perugia torna a tremare con i Bud Spencer Blues Explosion. Sabato 5 aprile all’Urban il duo costituito da Cesare Petulicchio batteria/voce e Adriano Viterbini chitarra/voce darà le prime anticipazioni del nuovo album in uscita prima dell’estate.
Dopo un periodo di stop ed un 2013 ricco di soddisfazioni professionali e personali, i Bud ritornano in scena con un tour di nove date dal titolo “This is not a show” che segnerà il proseguo del disco “Do IT” del 2011. Una scelta azzardata, forse, quella di testare i nuovi brani direttamente di fronte a pubblici scalpitanti e saltellanti, ma sicuramente è proprio in questo contesto che gli esplosivi BSBE sanno realizzare le migliori performance. Un esperimento che trasformerà il palcoscenico in una sala prove, con l’aggiunta del “dialogo” che si crea tra il live e pubblico: vero testimone di un percorso musicale in crescita pronto ad affondare le sue radici in un rock graffiante dalle inflessioni blues e grunge.
Tra i brani già ascoltabili c’è Duel: “sa di strade e polvere, sole che brucia e chilometri da percorrere. Fuga e scontro” si legge in varie recensioni on line. Il video interpretato da Caterina Inesi e girato da Alex Infascelli (https://www.youtube.com/watch?v=JkbQnilsOZk) lascia a bocca aperta. “Il brano rappresenta in tutto e per tutto l'inizio di una nuova fase della carriera dei BSBE e sarà, per il momento, pubblicato sono in formato fisico, in vinile 7'', reperibile solo ai concerti della band e ordinabile dal sito di 42Records. –si legge nel profilo facebook della band: https://www.facebook.com/BudSpencerBluesExplosion-. Il 45 giri conterrà anche una cover di Altitude, brano di Chris Whitley, musicista americano scomparso nel 2005 e da sempre tra le influenze predilette dei BSBE”.
Duel racchiude la dicotomia tra corpo e spirito, tra materiale ed immateriale, tra cielo e terra; sancisce il sigillo di una svolta che si potrà solo attendere e che fa pregustare l’atmosfera di un nuovo progetto da ascoltare ed esplorare.

Floriana Lenti

mercoledì 26 marzo 2014

Lavoro è vita. La compagnia teatrale Elisa di Rivombrosa ce lo racconta...


“Il lavoro nobilita l’uomo”. Quante volte lo abbiamo sentito dire? Quante volte lo abbiamo pensato? Ed in questo periodo storico, quante volte il lavoro si anela, si cerca, si sogna? Poi però ci sono anche  lavori che attendono di essere svolti e vengono denigrati, chi li farà? Ma il lavoro è uguale per tutti? Cosa può significare per un ragazzo down? La compagnia teatrale Elisa di Rivombrosa darà delle risposte chiare, esaustive e commuoventi su questo tema portando in scena lo spettacolo “Lavoro è bello. Viaggio avventuroso alla scoperta della dignità”. Il debutto sarà il 29 marzo al Teatro Brecht di San Sisto a Perugia ed a salire sul palco saranno attori d’eccellenza, pieni di carica emotiva e di forza espressiva, veri professionisti impegnati nel raccontare tante storie, ma soprattutto la propria. Gli attori in questione sono persone down. Abbiamo incontrato il regista Giampiero Frondini che in collaborazione con Beatrice Ripoli e Valentina Renzulli hanno dato vita a questa esperienza unica:

“La Fontemaggiore ha da sempre la tradizione di seguire il sociale, perché il teatro è un mezzo determinante per conoscere e per trasmettere, nasce dall’esigenza dell’incontro. Sono passati circa otto anni da quando abbiamo dato inizio a laboratori teatrali con persone down e alla fine è nata, insieme all’AIPD, la compagnia Elisa di Rivombrosa; il nome è stato scelto dagli stessi attori, molti non sono mai andati via, alcuni si sono aggiunti di recente. Adesso sono in tutto diciassette, tra cui una mamma ed un’assistente. Sono affiatati, si sostengono l’un l’altro e sanno muoversi nelle varie scene in maniera eccelsa”.

Cosa significa fare teatro con persone down?

All’inizio si percepiva la loro diffidenza, sembrava ardua l’impresa di conquistarsi la loro apertura, ma ad un certo punto è scoccata la scintilla. Adesso si respira armonia e ciò che si evince è che tra di loro l’età non ha senso, vivono nel loro mondo ed hanno una visione della vita che apre gli occhi a punti di vista differenti e affascinanti. Per far parte di questa compagnia teatrale non servono doti particolari, serve la voglia di fare e i ragazzi ci insegnano quotidianamente che ne hanno davvero tanta.

Lavoro è bello. Viaggio avventuroso alla scoperta della dignità è il titolo dello spettacolo che debutterà il 28 marzo al Brecht. In cosa consiste?

E’ un viaggio vero e proprio: ognuno degli attori farà un lavoro. Si potrà vedere un pilota di formula uno, un domatore di circo, una giornalista, un veterinario. Ci saranno anche operai in rivolta e senza fissa dimora sfruttati. Ogni scena sarà accompagnata da giochi di diapositive che accarezzeranno la trama portando lo spettatore a spasso nelle piazze e negli uffici. Non mancano sane dosi di ironia e c’è grande attenzione verso piccoli aspetti che danno la profondità dei fatti.

Cosa rappresenta il lavoro per i ragazzi di Elisa di Rivombrosa?

Per loro è prima di tutto dignità. A tutti piace il lavoro che fanno, forse solo una ragazza è un po’ insoddisfatta perché non la fanno stare al pubblico. Lavorare è un modo per sentirsi importanti, riconosciuti e apprezzati. Guadagnare li fa sentire autonomi e pronti a cimentarsi con altre problematiche di vita. Ognuno di loro ha tanto da raccontare sulla propria occupazione lavorativa, spesso ci fermiamo ad ascoltare le loro storie.

Il tema del lavoro è impegnativo, quali altri argomenti avete trattato?

Il primo spettacolo realizzato è stato “Esta tierra es toda mea”, parlava di emigrazione. Il secondo è stato “Amore…  non sono lucchetti” perché l’amore per loro è universale.

Quali prospettive ha questa nuova compagnia teatrale?

Intanto è importante sottolineare che gli spettacoli di “Elisa di Rivombrosa” stanno calcando i palchi dei teatri più importanti della Regione Umbria. Sicuramente la compagnia ha intenzione di crescere, ci piacerebbe aprire collaborazioni con Città di Castello e con il Serafico di Assisi e desideriamo confrontarci con nuove realtà. La prospettiva più grande è quella di proseguire questa importante esperienza accogliendo chi desidera mettersi alla prova. E poi non esistono parole per descrivere la bellezza di un sipario che si apre, di mani che applaudono e di sorrisi che esplodono con l’inchino di chi ha dato il meglio di sé.

Compagnia teatrale “Elisa di Rivombrosa”, Fontemaggiore Teatro Stabile di Innovazione, Scuola di Teatro “Mutazioni”

Presentano

Lavoro è vita. Viaggio avventuroso alla scoperta della dignità



Con

Erika Barbini, Lorenzo Cascelli, Alex Chiodi, Sara Chiodini, Antonello Coloni, Alessandro Fanelli, Fabrizia Lopilato, Benedetta Marroni, Federico Meniconi, Marco Michelli, Luca Morini, Pamela Olsen, Pierluigi Paoletti, Domenico Riccardi, Angela Maresa Rocchi, Gaia Rossini, Damiano Valloni.



Regia

Giampiero Frondini

In collaborazione con

Beatrice Ripoli

Valentina Renzulli

mercoledì 19 marzo 2014

Intervista a Bobo Rondelli...



E’ un artista completo, è cantautore, poeta e attore. Lo definiscono “geniale, spontaneo e sconsiderato”, lui –ironizzando- si dichiara “sereno, nuvoloso, variabile”. Livornese, classe 1963, leader prima del trio “Les Bijoux”, poi di “Ottavo Padiglione” ed ora de “l’Orchestrino” Bobo Rondelli, mercoledì 21 marzo, alle ore 22.00, sarà il protagonista di una serata d’eccellenza al Bad King di Perugia organizzata da Antonio Ballarano e dall’agenzia di Terni “Bipede”.
A cosa deve la sua fama?
Non mi considero artista, sono un artigiano. Di lavoro faccio il bambino e sono sempre alla ricerca della forza per continuare ad essere creativo. Non credo neanche di essere completo, mi accade di scordare date, nomi, appuntamenti. Quello che faccio mi diverte, direi che “gioco la chitarra” e forse è questo che arriva alla gente.
Nelle sue poesie e nelle canzoni ricorre il tema dell’amore, cosa è per lei?
L’amore è una guerra giusta. E’ un processo che si vede in natura, gli animali lottano ed è una lotta quasi hitleriana, “bella e terribile” la definiva Leopardi. Sono d’accordo con Piero Ciampi quando diceva “La vera guerra non si fa con le armi, si fa con il cuore, per questo sono un eroe”.
Nel 2002 ha ricevuto il Premio Ciampi per il miglior arrangiamento…
I riconoscimenti li detesto, sono chiacchiere e distintivo, per me ciò che conta è la poesia ed essere poeti significa portare una croce senza autorizzazione divina.
Quando compone a cosa s’ispira?
Parto sempre da una frase, poi la racconto. Penso sia una malattia, un bisogno malato dell’ego. José Alberto Mujica Cordano, il presidente dell'Uruguay, sostiene che il poeta sia “colui che fa” e da un certo punto di vista fare significa restituire, lasciare agli altri un po’ di luce. Non oso paragonarmi a lui e ai grandi poeti, ma è bello esserne un portavoce.
E’ già stato ospite a Perugia durante la scorsa edizione di Umbria Jazz, cosa ne pensa?
E’ una bellissima città, si sente forte la bellezza, ma anche la presenza delle mura costruite dal potere. Le città medievali rendono gli abitanti campanilisti. Umbria Jazz è un’interessante manifestazione; non faccio jazz, ma mi diverte, mi arriva. Amo la musica da rapina, il jazz de “I soliti ignoti”. Per me un grande jazzista era Totò.
Nel 2010 compare nel film “La prima cosa bella” di Paolo Virzì. Ha collaborato anche a livello teatrale con Massimiliano Civica. Cosa significa essere attore?
Fare l’attore significa diventare una persona che dà la sua anima. E’ bello fare gli attori quando si riesce a raccontarsi oltre che a raccontare un personaggio. Philip Seymour Hoffman è l’attore che preferisco perché aveva un lato oscuro che gli permetteva di interpretare svariati caratteri e diverse personalità.
Cosa l’appassiona di più in questo momento?
Adesso sto cercando frasi, una l’ho trovata: la moralità è una barca piena di buchi.


Floriana Lenti

sabato 8 febbraio 2014

Auguri Ivano!


Quante volte abbiamo giocato, riso, scherzato? E quante volte abbiamo litigato e fatto a botte? Quante volte ci siamo sostenuti l'un l'altra nei momenti critici? Ivano Lenti, fattelo dire: sei il fratello migliore che si possa avere!!! Sin da quando ero piccola mi hai sollevata, mi hai presa in braccio, mi hai coccolata... E' impossibile pensare una vita senza te!!! Ti voglio bene e ti auguro un mare di gioie e di soddisfazioni. Tantissimi auguri e aspettami a Venezia...