lunedì 7 aprile 2014

TriAD Vibration, il jazz ai confini della dance tribale


Dopo aver calcato il palco del Blue Note di Milano, dopo aver attraversato l’intera Penisola e i più prestigiosi Festival musicali nazionali i TriAd Vibration arrivano a Perugia il 9 aprile al Bad King per una serata, organizzata da Antonio Ballarano, all’insegna di un jazz ai confini della dance tribale. “Vogliamo produrre una musica che si sente con le orecchie e con il corpo” ha riferito Ezio Salfa bassista della band che abbiamo intervistato.

Qual è la caratteristica predominante della vostra musica e quali generi proponete al pubblico?


Siamo nati nel 2002 come trio: basso, batteria e didgeridoo. Il primo strumento decide le melodie, la batteria si unisce alle percussioni adoperando un set vario che scandisce il ritmo e il terzo strumento crea l’atmosfera realizzando le vibrazioni che arrivano in profondità; quello che fa la differenza è l’insieme. Spaziamo tra vari generi, facciamo una world fusion dalle sfumature tribali e sfioriamo note di Jazz, latin jazz, funk, rhythm’n’blues, drum ́n bass, senza disdegnare contaminazioni elettroniche. Oserei definire le nostre performance passionali, viscerali. La cosa più interessante è che possiamo suonare ovunque, ci sentiamo a nostro agio in ambienti anche molto diversi tra loro.

Da quando siete nati ad oggi cosa è cambiato?


All’inizio nella band c’erano due didgeridoo oltre al basso, ci chiamavamo ParalleloZero. Con il tempo siamo cresciuti, abbiamo sperimentato l’inserimento di vari strumenti come la tromba e la tastiera, ci siamo mischiati e mescolati spaziando liberamente tra suoni e ritmi, siamo maturati sia dal punto di vista personale che professionale e ci siamo riformati e stabilizzati nel 2006 quando abbiamo pubblicato il secondo album. Nel 2013 poi abbiamo realizzato Dreamtime avvalendoci di varie collaborazioni tra le tante quelle di Eric Marienthal, Tino Tracanna e Sandro Cerino ai sax; Daniele Di Gregorio al vibrafono; Mamadou Diou al djembè; Eduardo Cespedes e Virginia Quesada alle voci… Siamo in costante crescita e non ci fermiamo, vogliamo esplorare sonorità sempre diverse.

Non credete che nella vostra musica manchino le parole?


Beh, la voce ci potrebbe stare, nel primo disco ci sono tre brani cantati, ma adesso caratterizzerebbe un po’ troppo il gruppo. Le parole arrivano in modo diverso dalle melodie, noi vogliamo portare energia e vibrazioni, certo, sarebbe più facile entrare di più a livello commerciale, ma se dovessimo introdurre un cantante ci piacerebbe usare la voce come strumento per dei vocalizzi. Comunque non si sa mai, molte cose sono casuali, noi siamo frutto di incontri e rimaniamo fatalisti.

Come mai avete intitolato l’ultimo album Dreamtime?


Il nome è stato scelto in onore degli aborigeni australiani perché rappresenta il momento della creazione, il tempo in cui ogni cosa sulla terra ha avuto vita. Suonando il didgeridoo, gli aborigeni rievocano il momento della creazione da parte degli spiriti ancestrali. Ci piace immaginare che esista un tempo dei sogni in cui presente e passato si fondono e confondono.

Cosa avete in mente per il pubblico del Bad King di Perugia?


Verremo per la prima volta con la nuova formazione. Ci sarà io al basso, Gennaro Scarpato alla batteria e alle percussioni, Walter Mandelli al didgeridoo e questa volta ci accompagnerà Mauro Capitale al sassofono. Siamo pieni di idee, in questo periodo stiamo lavorando per il prossimo progetto in uscita entro la fine dell’anno, dunque al Bad King sperimenteremo alcune sonorità nuove e originali. Avvertiamo già l’adrenalina dell’inizio del concerto e siamo sicuri che il pubblico non riuscirà a stare seduto.



Floriana Lenti

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