Nome: Mauro
Cognome: Magrini
Nome d’arte:
Little Blue Slim
Classe 1982
Città natale:
Foligno
Città in cui vive:
Perugia
Al suo profilo va
aggiunta una sola parola, la più importante: blues. Per farlo si serve della
sua voce, ma anche di armonica, chitarra, cigar box, ukulele, stomp box (al
piede destro), charleston (al piede sinistro), Kazoo e weissenborn.
Lo si può ascoltare
in locali del centro, in eventi di spessore regionale, in manifestazioni
nazionali, in serate all’insegna del divertimento e della buona musica. Lo si
riconosce, non solo dalla voce e dall’abilità con cui suona, la sua personalità
artistica si completa con il look: in scena è vestito con una tuta blu da
contadino, una maglietta bianca e un cappello di paglia. Non potrebbe essere
diversamente, quello che Little Blue Slim trasmette corrisponde esattamente a
quello che è: umile, talentuoso, sinceramente innamorato del blues quasi quanto
lo è dell’instancabile fidanzata, fotografa e accompagnatrice Arianna.
Mauro Magrini
porta sul palco un One Man Band Show capace di accompagnare gli ascoltatori
nelle profonde radici del blues passando per il country, sorvolando a braccia
tese sul gospel e approdando in improvvisazioni degne dei maestri delle blue
note.
Difficilmente le
sue performance si dimenticano, capita di ascoltare un suo concerto live e di
ritrovarsi la sera in macchina verso casa canticchiando melodie, tamburellando
le dita sul volante, ricordando le dodici battute tipiche del blues. In Mauro
Magrini si concentrano talento, esperienza, passione, ma anche ricerca. Lo
abbiamo seguito in vari percorsi e lo abbiamo intervistato intervallando parole
e suoni.
La tuta te la sei fatta dare dal nonno, ma chi
ti ha presentato il blues?
In realtà credo
che il Blues abbia bussato alla mia porta, ed io l’ho fatto entrare. Il blues
riesce ad penetrarti fino alle ossa quindi non si tratta di una moda passeggiera,
stiamo parlando di necessità fisica… più lo ascolti o suoni e più stai
bene! Ero già abbastanza grande quando mi sono appassionato del genere grazie a
Stefano ed Emanuele Sereni, due fratelli musicisti del mio paese di origine,
Cannara. Il mio mondo blues è nato così.
Possiamo definirti “figlio d’arte”. Ci racconti
della tua famiglia?
Ho una famiglia di
“Sonati” come spesso dico. Mio padre Giampiero è un artista e suona la tromba,
mio fratello Manuel è un piccolo genio insegnante di pianoforte, poi aggiungo alla
lista anche i fratelli di mio padre, Mario e Virgilio che suonano sax e
percussioni, infine mia madre Mara ascolta con gran pazienza, e non è poco. Da
piccolo i miei genitori hanno tentato di avvicinarmi nel mondo della musica
iscrivendomi a scuola di tromba e successivamente di pianoforte. Non ho mai
amato le ore interminabili di solfeggio e di pratica davanti ad uno spartito, quindi
ho presto abbandonato il tutto. Poi un bel giorno non ricordo bene come mai, sono
stato colpito dal desiderio irrefrenabile di suonare la chitarra e così
convinsi mio padre a comprarmene una. Oramai le aspettative su di me erano in
forte crisi, mentre, nel frattempo,
cresceva smisuratamente
bene il mio fratellino Manuel che già dava forti segnali di essere un vero e
proprio genio dello strumento. Senza ansie addosso, però, ho continuato il mio
percorso, l’unica voce che sentivo dentro era dettata dal puro desiderio di
fare musica, e direi che ho proprio fatto bene ad ascoltarla!
Quanti strumenti suoni contemporaneamente? Come
fai a coordinare tutto? E come
si compone esattamente il tuo SetUp?
Il mio set up è
sempre in costruzione… attualmente suono con Grancassa o stomp box al piede
destro, in base alla situazione, al piede sinistro charleston e a volte un rullante, poi ho una chitarra o
lo strumento di turno tra weissenborn, cigar box, ukulele e tramite un reggi
armonica posso cantare e suonare l’armonica. Contemporaneamente quindi suono la
ritmica con i piedi, chitarra ed armonica. Il segreto per coordinare il tutto è
tanta pratica in primis, mantenendo sempre la calma e cercando di ottenere un
buon sound, poi cercare di settare
tutto perfettamente
prima di iniziare un live, ovvero dall’altezza dello sgabello alla distanza dei
vari pedali della batteria, insomma deve essere tutto perfetto o quasi
altrimenti ti ritrovi a suonare e poco dopo ti intrecci tra fili, armoniche
ecc. Quello che comunque non deve mai mancare è una dose abbondante di
concentrazione.
A quali artisti t’ispiri e quali cover proponi
al tuo pubblico?
Stimo praticamente
tutti quei vecchietti neri che battono il tacco e cantano davanti le loro
baracche, con semplicità loro riescono a trasmettere le emozioni personali e
profonde a chi li ascolta, quindi quando suono cerco in tutti i modi di
immergermi in quel magnifico mondo cercando di creare atmosfere surreali,
coinvolgendo il pubblico, raccontandogli storie blues. Mi capita spesso di
chiedere al pubblico di produrre versi di animali, la musica si fa gioco e il
trasporto degli ascoltatori è assicurato. Ad ogni modo ricevo molti più input
dai miei amici musicisti con i quali a volte condivido il palco, proprio perché
riesco a sentire la loro energia ed il loro entusiasmo, è indubbio: mi danno
più stimoli rispetto ai soliti famosi sentiti e strasentiti. Per quanto
riguarda il repertorio, però, oltre ai miei pezzi sia in italiano
che in inglese,
porto in scena diversi traditional e qualche cover country e blues di Johnny
Cash, Eric Clapton, Muddy Waters, Bo Diddley, Robert Johnson, Jimi Hendrix e
Ben Harper.
Se potessi andare a cena con Ben Harper cosa
gli chiederesti?
Ah! Bella questa!
Anzitutto di pagare il conto! E poi forse cercherei di capire tutto quello che
c’è dietro il suo talento, ovvero quanti sacrifici ha fatto per diventare
famoso, insomma tutta la gavetta, le numerose avventure e poi finirei con una
bella jam session con tanto di selfie insieme… anche se, forse, è poco blues!
Immagina adesso di incontrare per strada Jimi
Hendrix, hai un messaggio da
lasciargli?
Sì. Gli direi che
lui era un mito perché ha creato uno stile suo unico ed inimitabile nonostante
avesse molte influenze anche lui come Bob Dylan, Buddy Guy, T Bone Walker,
Adesso, invece, gran parte dei chitarristi vogliono essere l’esatta
fotocopia di un altro più famoso peccando quindi di non originalità e
impersonalità. A Jimi Hendrix direi
anche che purtroppo il film che hanno fatto recentemente su di lui fa veramente
pietà, si può dire? Beh, ormai l’ho
detto.
Com’è suonare in Umbria, che feedback hai?
Credo che la
situazione musicale in Umbria sia migliorata rispetto a qualche anno fa, molti
locali vogliono proporre live anche durante la settimana, addirittura mi è
capitato di suonare dentro un negozio di moda a Foligno. Da quando ho intrapreso
questo progetto di One Man Band il pubblico mi segue di live in live portando
sempre nuova gente. E’ meraviglioso sentire e vedere quanto la musica coinvolga
a valanga tante persone.
Hai partecipato a manifestazioni regionali e
nazionali, ce ne parli?
Proprio in questo
mese il mio progetto “Little Blue Slim” compie un anno e in questo arco di
tempo sono riuscito, con gran piacere e stupore, a partecipare al Trasimeno
Blues Festival, in Umbria, che vanta un cartellone di nomi sia nazionali che
internazionali ed ho avuto l’onore di suonare prima dei Play For Change Band
registrando un afflusso di gente da record e al Blues Made in Italy, a Cerea
(VR), dove hanno partecipato i migliori bluesman italiani. Sono sicuro che mi
chiameranno a suonare in altre kermesse molto note, non vi svelo dove, ma
prometto che vi terrò informati.
Qual è il tuo motto? Salutiamo i lettori con un
verso di una canzone…
La musica è una
cosa seria, quindi supportiamola riempiendo le sale nei live. Siccome noi
piccoli musicisti siamo sempre squattrinati vi saluto con questi versi che
erano usati dagli scaricatori di porto neri della Georgia quando volevano
essere pagati: “Pay me, pay me, pay me my money down, pay me or go to jail, pay
me my money down.”
Tutte le novità
sull’artista Mauro Magrini, i concerti e i live, le proposte e gli
approfondimenti sono disponibili sulla pagina fan https://www.facebook.com/littleblueslim