martedì 21 ottobre 2014

Le sfumature del blues di Little Blue Slim


Nome: Mauro
Cognome: Magrini
Nome d’arte: Little Blue Slim
Classe 1982
Città natale: Foligno
Città in cui vive: Perugia
Al suo profilo va aggiunta una sola parola, la più importante: blues. Per farlo si serve della sua voce, ma anche di armonica, chitarra, cigar box, ukulele, stomp box (al piede destro), charleston (al piede sinistro), Kazoo e weissenborn.
Lo si può ascoltare in locali del centro, in eventi di spessore regionale, in manifestazioni nazionali, in serate all’insegna del divertimento e della buona musica. Lo si riconosce, non solo dalla voce e dall’abilità con cui suona, la sua personalità artistica si completa con il look: in scena è vestito con una tuta blu da contadino, una maglietta bianca e un cappello di paglia. Non potrebbe essere diversamente, quello che Little Blue Slim trasmette corrisponde esattamente a quello che è: umile, talentuoso, sinceramente innamorato del blues quasi quanto lo è dell’instancabile fidanzata, fotografa e accompagnatrice Arianna.
Mauro Magrini porta sul palco un One Man Band Show capace di accompagnare gli ascoltatori nelle profonde radici del blues passando per il country, sorvolando a braccia tese sul gospel e approdando in improvvisazioni degne dei maestri delle blue note.
Difficilmente le sue performance si dimenticano, capita di ascoltare un suo concerto live e di ritrovarsi la sera in macchina verso casa canticchiando melodie, tamburellando le dita sul volante, ricordando le dodici battute tipiche del blues. In Mauro Magrini si concentrano talento, esperienza, passione, ma anche ricerca. Lo abbiamo seguito in vari percorsi e lo abbiamo intervistato intervallando parole e suoni.
La tuta te la sei fatta dare dal nonno, ma chi ti ha presentato il blues?
In realtà credo che il Blues abbia bussato alla mia porta, ed io l’ho fatto entrare. Il blues riesce ad penetrarti fino alle ossa quindi non si tratta di una moda passeggiera, stiamo parlando di necessità fisica… più lo ascolti o suoni e più stai bene! Ero già abbastanza grande quando mi sono appassionato del genere grazie a Stefano ed Emanuele Sereni, due fratelli musicisti del mio paese di origine, Cannara. Il mio mondo blues è nato così.
Possiamo definirti “figlio d’arte”. Ci racconti della tua famiglia?
Ho una famiglia di “Sonati” come spesso dico. Mio padre Giampiero è un artista e suona la tromba, mio fratello Manuel è un piccolo genio insegnante di pianoforte, poi aggiungo alla lista anche i fratelli di mio padre, Mario e Virgilio che suonano sax e percussioni, infine mia madre Mara ascolta con gran pazienza, e non è poco. Da piccolo i miei genitori hanno tentato di avvicinarmi nel mondo della musica iscrivendomi a scuola di tromba e successivamente di pianoforte. Non ho mai amato le ore interminabili di solfeggio e di pratica davanti ad uno spartito, quindi ho presto abbandonato il tutto. Poi un bel giorno non ricordo bene come mai, sono stato colpito dal desiderio irrefrenabile di suonare la chitarra e così convinsi mio padre a comprarmene una. Oramai le aspettative su di me erano in forte crisi, mentre, nel frattempo,
cresceva smisuratamente bene il mio fratellino Manuel che già dava forti segnali di essere un vero e proprio genio dello strumento. Senza ansie addosso, però, ho continuato il mio percorso, l’unica voce che sentivo dentro era dettata dal puro desiderio di fare musica, e direi che ho proprio fatto bene ad ascoltarla!
Quanti strumenti suoni contemporaneamente? Come fai a coordinare tutto? E come
si compone esattamente il tuo SetUp?
Il mio set up è sempre in costruzione… attualmente suono con Grancassa o stomp box al piede destro, in base alla situazione, al piede sinistro charleston  e a volte un rullante, poi ho una chitarra o lo strumento di turno tra weissenborn, cigar box, ukulele e tramite un reggi armonica posso cantare e suonare l’armonica. Contemporaneamente quindi suono la ritmica con i piedi, chitarra ed armonica. Il segreto per coordinare il tutto è tanta pratica in primis, mantenendo sempre la calma e cercando di ottenere un buon sound, poi cercare di settare
tutto perfettamente prima di iniziare un live, ovvero dall’altezza dello sgabello alla distanza dei vari pedali della batteria, insomma deve essere tutto perfetto o quasi altrimenti ti ritrovi a suonare e poco dopo ti intrecci tra fili, armoniche ecc. Quello che comunque non deve mai mancare è una dose abbondante di concentrazione.
A quali artisti t’ispiri e quali cover proponi al tuo pubblico?
Stimo praticamente tutti quei vecchietti neri che battono il tacco e cantano davanti le loro baracche, con semplicità loro riescono a trasmettere le emozioni personali e profonde a chi li ascolta, quindi  quando suono cerco in tutti i modi di immergermi in quel magnifico mondo cercando di creare atmosfere surreali, coinvolgendo il pubblico, raccontandogli storie blues. Mi capita spesso di chiedere al pubblico di produrre versi di animali, la musica si fa gioco e il trasporto degli ascoltatori è assicurato. Ad ogni modo ricevo molti più input dai miei amici musicisti con i quali a volte condivido il palco, proprio perché riesco a sentire la loro energia ed il loro entusiasmo, è indubbio: mi danno più stimoli rispetto ai soliti famosi sentiti e strasentiti. Per quanto riguarda il repertorio, però, oltre ai miei pezzi sia in italiano
che in inglese, porto in scena diversi traditional e qualche cover country e blues di Johnny Cash, Eric Clapton, Muddy Waters, Bo Diddley, Robert Johnson, Jimi Hendrix e Ben Harper.
Se potessi andare a cena con Ben Harper cosa gli chiederesti?
Ah! Bella questa! Anzitutto di pagare il conto! E poi forse cercherei di capire tutto quello che c’è dietro il suo talento, ovvero quanti sacrifici ha fatto per diventare famoso, insomma tutta la gavetta, le numerose avventure e poi finirei con una bella jam session con tanto di selfie insieme… anche se, forse, è poco blues!
Immagina adesso di incontrare per strada Jimi Hendrix, hai un messaggio da
lasciargli?
Sì. Gli direi che lui era un mito perché ha creato uno stile suo unico ed inimitabile nonostante avesse molte influenze anche lui come Bob Dylan, Buddy Guy, T Bone Walker, Adesso, invece, gran parte dei chitarristi vogliono essere l’esatta fotocopia di un altro più famoso peccando quindi di non originalità e impersonalità. A Jimi Hendrix direi anche che purtroppo il film che hanno fatto recentemente su di lui fa veramente pietà, si può dire? Beh, ormai l’ho detto.
Com’è suonare in Umbria, che feedback hai?
Credo che la situazione musicale in Umbria sia migliorata rispetto a qualche anno fa, molti locali vogliono proporre live anche durante la settimana, addirittura mi è capitato di suonare dentro un negozio di moda a Foligno. Da quando ho intrapreso questo progetto di One Man Band il pubblico mi segue di live in live portando sempre nuova gente. E’ meraviglioso sentire e vedere quanto la musica coinvolga a valanga tante persone.
Hai partecipato a manifestazioni regionali e nazionali, ce ne parli?
Proprio in questo mese il mio progetto “Little Blue Slim” compie un anno e in questo arco di tempo sono riuscito, con gran piacere e stupore, a partecipare al Trasimeno Blues Festival, in Umbria, che vanta un cartellone di nomi sia nazionali che internazionali ed ho avuto l’onore di suonare prima dei Play For Change Band registrando un afflusso di gente da record e al Blues Made in Italy, a Cerea (VR), dove hanno partecipato i migliori bluesman italiani. Sono sicuro che mi chiameranno a suonare in altre kermesse molto note, non vi svelo dove, ma prometto che vi terrò informati.
Qual è il tuo motto? Salutiamo i lettori con un verso di una canzone…
La musica è una cosa seria, quindi supportiamola riempiendo le sale nei live. Siccome noi piccoli musicisti siamo sempre squattrinati vi saluto con questi versi che erano usati dagli scaricatori di porto neri della Georgia quando volevano essere pagati: “Pay me, pay me, pay me my money down, pay me or go to jail, pay me my money down.”

Tutte le novità sull’artista Mauro Magrini, i concerti e i live, le proposte e gli approfondimenti sono disponibili sulla pagina fan https://www.facebook.com/littleblueslim

sabato 18 ottobre 2014

Disarma, il libro di Claudio Bianconi


“Fabulazioni” non è solo il libro scritto dal giornalista e fotografo Claudio Bianconi. Non è una semplice raccolta di racconti. Non è un insieme di concetti messi su carta. “Fabulazioni” è il ritratto più intimo e personale dell’anima di un uomo capace di guardare oltre, di scannerizzare i sentimenti umani e di cogliere la Bellezza per restituirla ricca di suoni e colori ai suoi lettori. E’ anche il bisogno di “lasciare il segno” in un mondo sempre più frenetico, che passa, che supera e a volte sottovaluta; per dirla più concretamente: “Fabulazioni” è la necessità di concentrarci su quello che ancora può meravigliare riabilitando il cuore di fronte alla semplicità delle onde del mare, alla forza del vento, alla dolcezza di un amore, al suono delle lettere e perché no? alle lacrime di una bambola.
Disarma, il libro di Claudio Bianconi, e nel farlo adopera immagini chiare provenienti dalla realtà sempre pronta ad offrire spunti validi di riflessione.
Il 17 ottobre si è svolta alla Libreria Grande di Ponte San Giovanni la prima presentazione del libro (edizioni Fat Chicken) alla quale oltre all’autore Claudio Bianconi sono intervenuti Pasquale Guerra e Leonardo Malà. Nel pubblico, proprio a dare conferma dell’assenza di “confini” che il libro magistralmente elogia, erano presenti anche tanti ospiti SPRAR (Servizio per Richiedenti Asilo e Rifugiati Politici) del Centro Immigrati di Via del Favarone di Perugia.
In poche ore sono state tante le parole che hanno descritto il testo di Claudio Bianconi senza trascurane il suo vissuto. Il giornalista Leonardo Malà ha parlato della “gentilezza” di Claudio “il suo tratto distintivo per eccellenza” e del loro primo incontro di trent’anni fa circa. “Sa scegliere le parole con cura, le parole contano, le parole sono importanti e l’autore dimostra di saperle usare, sciogliere, mescolare e donare” ha sottolineato il professor Pasquale Guerra.
L’autore stesso ha raccontato: “Le novelle raccolte in questo libro sono state scritte in vari periodi della mia vita, dopo viaggi, durante giornate vissute… le più diverse” eppure tutte le storie sono legate da un fil rouge che pizzica l’attenzione di chi legge: “C’è nero, c’è blu nelle varie sfumature della declinazione di un blues: nero e blu alchemici, elaborazioni ‘leggere’ di esperienze, ferite aperte e rimarginate, ferite leccate, amori infranti. – Si legge nell’introduzione dell’autore - E c’è il sale…”. Sì, il sale c’è in ogni pagina. Tutti possono cercarlo nell’attesa che Claudio Bianconi ci restituisca altre opere letterarie.

Floriana Lenti